Fra 48 ore (il 27 dicembre) la Costituzione Italiana compirà settanta anni. Qualcuno ricorderà questa fondamentale data per il Paese, sicuramente il Capo dello Stato Sergio Mattarella che, unitamente alla ricorrenza, avrà ben viva nella memoria anche l’intera storia che ha preceduto la nascita dell’Italia/Repubblica, e come si è giunti alla Carta costituzionale. Basterebbe semplicemente ricordare, infatti, che lo Statuto Speciale Autonomistico Siciliano fa parte integrante della Costituzione Italiana per “giustificare” una serie di riflessioni che oggi (solo se si volesse) potrebbero far comprendere tanti e tanti eventi che hanno caratterizzato nel corso dei decenni la vita dello Stato/Italia, compresi quelli riguardanti la “trattativa” con i poteri mafiosi.
All’indomani dell’offuscata celebrazione cristiana del Natale, con una collettività che sta perdendo pure i valori del Cristianesimo, purtroppo, riteniamo non susciti grande interesse discutere su ciò che ha significato e significhi la Costituzione Italiana, nonostante che un Referendum abbia sancito che non debba toccarsi, e nonostante che qualche “illuminato” (leggasi Napolitano) dica ancora che può essere “revisionata”.
Nell’occasione della Festa della Repubblica, il 2 giugno scorso, sei mesi addietro, scrivevamo: La Storia è “Storia” e Storia resterà anche se si cerca di cancellare la memoria: i fatti restano fatti, anche se, poi, a distanza di giorni o di decenni si “interpretano” a seconda dei “punti di vista” o degli “opportunismi” del momento. Non diciamo nulla di nuovo, non vogliamo scoprire l’acqua calda, né, di certo, siamo animati da “spirito antinazionalista”, ma di certo non possiamo non notare come ad ogni ricorrenza importante – come è quella del 2 Giugno – si faccia di tutto per ignorare cosa ha preceduto quell’importante data per l’Italia, e ignorare come è nata la Repubblica Italiana. Meno di un mese addietro la Sicilia ha festeggiato la sua “Autonomia Speciale”: una “festa” tenuta quasi in sordina come se gli attuali governanti la Regione se ne vergognassero, o come se considerassero il ricordo della “ricorrenza” un “atto dovuto”, e nulla più.
Era il 15 maggio del 1946 quando Re Umberto II firmava lo Statuto Autonomistico della Regione Siciliana con Decreto Luogotenenziale n° 155 (l’Italia era ancora una monarchia retta dal “Luogotenente” Umberto di Savoia). L’approvazione dello Statuto fu il patto politico che mise fine ai disordini ed alle rivolte che sin dal 1944 agitavano la Sicilia e che avevano anche portato alla creazione dell’EVIS (Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia). In quella data la Repubblica Italiana non era ancora nata. Lo Statuto Siciliano divenne poi parte integrante della Costituzione Italiana a seguito della Legge Costituzionale n° 2 del 26 febbraio 1948.
E in merito non occorrerebbe aggiungere altro, per evitare di essere ripetitivi, ma ci sembra opportuno sottolineare che questa “storia Siciliana” il Capo dello Stato Sergio Mattarella la conosce approfonditamente e (a nostro avviso) ne dovrebbe tenere conto nell’esercizio del suo ruolo istituzionale per “ricordarla” alle nuove generazioni.
Le riflessioni, comunque, possono portare lontano, come da lontano possono partire considerando avvenimenti in corso, come quelli che riguardano la Catalogna o la Corsica o la Scozia, solo per citare alcuni territori: la richiesta della “riappropriazione” della propria “identità” storica e culturale, cioè la netta contrapposizione alla globalizzazione intesa come “annullamento” delle “identità”. Quella globalizzazione (se amassimo le teorie del complottismo) il cui seme venne innescato (forse sperimentalmente?) dopo l’ultimo conflitto mondiale proprio in Italia…